La fortezza giudicale

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Ben poco si è conservato di quello che fu il fulcro del regno cagliaritano. Fino al secolo scorso, ai tempi di Alberto La Marmora e del canonico Giovanni Spano, erano benvisibili i resti della fortezza giudicale, delle mura e di alcuni altri edifici. Oggi non è rimasto nulla o praticamente nulla.

 

Oltre alla chiesa di San Pietro, di matrice vittorina, sono visibili alcuni ruderi a Sa Illetta e pochi resti di mura ormai sepolti fra terra e immondizie nella zona tra Via Brenta e Via Simeto, sotto la sopraelevata San Paolo-aeroporto. Soltanto uno sguardo attento ed esperto può riuscire ad individuare confuse e malridotte tracce delle rovine di Santa Gilla, com’erano emerse a metà degli anni Ottanta, grazie ad una campagna di scavi archeologici, e ora inesorabilmente ricacciate nella loro tomba sotto una valanga di sabbia, detriti e rifiuti.

 

Tuttavia, in quel sito di cose morte regnarono un giorno i potenti giudici cagliaritani. Santa Igia, infatti, in un periodo non ancora precisato dell’alto medioevo – intorno all’VIII secolo – dovette giocoforza sostituire la Karalis romana, pressoché abbandonata dai suoi abitanti in seguito alle ripetute incursioni degli Arabi e dei Berberi islamizzati del Nord Africa, i quali avevano cominciato già da tempo ad attaccare le coste dell’isola.