Associazione Culturale Sa Illetta

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Venerdì 19 Aprile 2024

La storia

L'isola di San Simone (Sa Illetta)

L'isolotto risulta abitato fin da epoche remote, data la sua posizione prossima a Cagliari e la fertilità delle sue terre pianeggianti, ma soprattutto grazie alla sua posizione sullo stagno ricco di pesce. Esistono infatti numerosi ritrovamenti archeologici risalenti al periodo punico e romano, nonché a periodi successivi dei quali permangono ancora alcuni edifici.

Mentre sono numerose le notizie storiche relative all'isolotto di Sa Illetta, assai carenti risultano quelle relative alla chiesetta di San Simone. Infatti le prime notizie storiche relative alla chiesetta risalgono ad un documento del '300 conservato all'Archivio storico di Cagliari.

In antichità si accedeva all'isola via mare dal litorale di Sant'Avendrace Porto Scipione.
Si hanno notizie delle rovine di un Ponte Romano in corrispondenza della Scaffa che probabilmente univa l'isoletta alla terra ferma.
Nel 1920, con l'insediamento delle nuove saline Contivecchi venne costruita la strada Strada Litoranea per Macchiareddu che passava proprio nell'isoletta di Sa Illetta. Negli anni '70 fu costruita la nova Strada Statale 195 che oggi collega Sa Illetta alla città di Cagliari attraverso il ponte della Scaffa.


Cartina

Pianta topografica

Pianta Topografica dell'isolotto app.te alla Sig.ra Marchesa della Conquista situato in mezzo allo stagno della scaffa presso la città di Cagliari

Pergamena

La proprietà

In epoca medievale il territorio di Sa Illetta faceva parte della antica città giudicale e fu ceduta all'Arcivescovo di Cagliari tra il 1059 ed il 1089. Tre secoli dopo apparteneva ancora alla Mensa Arcivescovile che era solita affittare l'isola.
Nel XIV secolo l'isola fu oggetto di una concessione a favore della città di Cagliari che a sua volta la concesse in perpetuo a Ramon Boter. Si trattava di un contratto di affitto e non di proprietà perché nel 1405 l'Arcivescovo di Cagliari fece una transazione per la quale cedeva l'isola insieme alla chiesa di San Simone e alla chiesa di San Leonardo (oggi distrutta) in cambio del Monastero di Santa Lucia della Pola.

Dal 1567 diventa proprietario dell'isola il notaio Pietro Sabater non sappiamo da chi acquistò l'isola, in un documento del 1567 nel quale viene richiesta un'autorizzazione per costruire un canale per far entrare il pesce in una peschiera il Procuratore Reale lo chiamava "Signore dell'isoletta di San Simone"
Il Sabater realizzò nell'isola un'azienda che per l'epoca poteva essere definita moderna, oltre la pesca, sviluppò l'attività agricola (soprattutto cereali e viticoltura).
Alla morte del Sabater l'isola fu ereditata dal nipote figlio della sorella Giovanni Dexar. dopo diversi passaggi ereditari subentrò la famiglia Castelvì.
Dai Castelvì la propietà possò in erdedita a Michele Cervellon marchese di Conquistas e dopo di lui alla figlia Maria Vincenza Cervellon che andò in sposa al Marchese d'Albis Giuseppe Guiso Manca Zapata. Maria Vincenza Cervellon rimasta vedova sposò Francesco Vico.

Nel 1768 iniziò una lunghissima causa tra il procuratore fiscale patrimoniale e Francesco Vico per la devoluzione al fisco dell'eredità Conquistas. Il procuratore fiscale in assenza di documenti certi sosteneva il principio che le terre delle isole appartengono al proprietario delle acque che la formano e pertanto poiché le acque dello stagno erano del Regno anche l'isola doveva diventarne parte.
La causa andò avanti per 60 anni finché non fu conclusa con una transazione da parte del Marchese Amat nel 1826 che per mantenere la proprietà di San Simone dovette cedere altre proprietà in territorio di Sassari.

Con Vincenzo Amat (1790-1869) fratello del noto Cardinale Luigi, figlio di Donna Eusebia Amat Vico baronessa di Sorso Marchesa di Soleminis Signora di Olmeto e di Giovanni Amat Marchese di San Filippo ed Albis, si riunirono i due rami familiari. Ai primi del 900 la proprietà fu acquistata dall'industriale Giovanni Balletto che la pagò 18.000 lire. Sua figlia Antonietta andò in sposa ad Emanuele Corte Amat che, in tempi recenti, fu il maggior artefice del rilancio dell'attività dell'azienda, i suoi discendenti sono oggi gli attuali proprietari.

Medaglia

 

Istituto Poligrafico Zecca dello Stato

Medaglia

La campagna

Nonostante la sua felice posizione in mezzo alla laguna, l'isola non ebbe mai prevalente l' attività della pesca. Abbiamo notizia della presenza delle peschiere ma nell'isola fu sempre fiorente l'attività agricola e di allevamento. Fu il Sabater a dare grande impulso all'agricoltura.

Sappiamo che nel 1557 erano impiegati nella azienda circa 20 operai.
In un inventario del 1568 risultano in dotazione all'azienda 19 zapponi e 15 zappe e questo numero è ovviamente proporzionato alle braccia lavoro.
Era fiorente la coltura della vite come risulta da un ordine di ben 24 botti grandi che il Sabater fece presso un bottaio di Stampace.
Erano pure coltivati i cereali ed il lino. Alberi da frutto erano il melograno, i fichi, l'olivo, e si praticava apicoltura.
Non mancava l'allevamento del bestiame e degli animali da cortile.

Da un inventario della casa di Pietro Sabater risulta che nella sua abitazione di Castello nel 1559 vi erano le seguenti provviste: il vino della qualità Cannonau, 60 chili di uva passa, 20 chili di fichi, 2 recipienti di olive, 2 di capperi, fave, melagrane, uva, e miele.
Nel 1716 con Michele Cervellon viene ampliato l'allevamento e compaiono i caprini e suini inoltre vengono impiantati alberi di mandorlo e piante di gelso all'interno della vigna.
In un inventario del 1826 vengono descritte 26 palme nel piazzale tra la chiesa e la casa con 10 pioppi.

Dal 1828 l'azienda viene nuovamente amministrata dal Marchese Vincenzo Amat il quale, con i contributi del governo, impianterà il grande oliveto che ancora oggi è produttivo e rappresenta la cultura principale dell'isola.

Immagini

 

La campagna - immagini

La casa

Il primo impianto della casa risale al periodo del Sabater, che la costruì (1567).
Al tempo del Sabater il corpo della casa era costituito dal piano terra dalle tre stanze con le volte ad arco ed il magazzino del vino con la famosa colonna centrale. Non risultano dai documenti preesistenze sulle quali il Sabater edificò la casa. Tuttavia abbiamo tracce di materiali come appunto la colonna e altre pietre che probabilmente furono portate da costruzioni distrutte nelle vicinanze. Inoltre la presenza di alcune murature edificate in mattoni di epoca romana fanno ipotizzare la preesistenza di altre costruzioni. Sicuramente nel territorio di Sa Illetta o nelle strette vicinanze sorgeva la città giudicale. Gli storici descrivono che nel '800 le rovine della città giudicale erano ben evidenti.

Un successivo ampliamento della casa risulta da un inventario di Michele Cervellon del 1716 dove oltre alle stanze del Sabater risultano anche una sala ed una camera da letto al primo piano. In questo periodo dai documenti risulta che la casa era usata come deposito per le attività che si svolgevano ma anche come residenza signorile infatti al primo piano era ubicata una camera da letto e una cucina.

La casa raggiunse la sua dimensione definitiva ai primi del 1800. Nel 1826 come risulta da una descrizione dettagliata fatta dal barone di Sorso Vincenzo Amat la casa era costituita da un primo piano formato da sette stanze più il preesistente piano terra, una scala di 17 gradini,.all'esterno della casa c'erano le lolle, un pozzo, due cisterne, le vasche e gli abbeveratoi per gli animali.

Nel 900 furono edificate la cabina elettrica e i nuovi magazzini esterni che furono realizzati dai prigionieri austriaci deportati durante la prima guerra mondiale.

Immagini

 

La casa - immagini

La casa - immagini

La chiesa di San Simone

I primi dati storici documentali risalgono alla seconda metà del '300 e sono custoditi presso l'Archivio Storico di Cagliari, portati alla luce da Marina Valdes che con lavoro certosino è riuscita a ricostruire la storia di Sa Illetta e della Chiesa di San Simone. Per quanto nel suo odierno aspetto la Chiesa, piccola e suggestiva, sia riferibile ad un periodo compreso tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, l’impostazione semicilindrica dell’abside testimonia senz’altro una più antica fase preromanica.

La prima notizia certa della Chiesa risale al 14 ottobre 1406, allorquando l'Arcivescovo di Cagliari stipula un atto di permuta con il Priore Benedettino Matteo Rapaccio, avente ad oggetto proprio l'isolotto di Sa Illetta (toponimo derivante probabilmente dalla antica denominazione spagnola “la isleta de Sant Simo”) con la relativa Chiesa, ceduti in cambio dell’ospizio di Santa Lucia nel quartiere della Marina.

L’isolotto su cui la Chiesa sorge presentava in origine una superficie di circa 160 ettari, ora ridotti a 40 a seguito della realizzazione del Porto Canale. Esso fu probabile scalo marittimo fenicio, cartaginese e poi romano, divenendo quindi sede della capitale del Giudicato di Cagliari fino al 1258, allorché Santa Igia venne rasa al suolo dai Pisani. Dell’epoca romana restano alcune cisterne, mentre testimonianza della frequenza altomedioevale è un vasto ambiente con volta a crociera sorretta da un’unica colonna centrale.

Una prima particolarità è rappresentata dall'arco della lunetta a semicerchio e senza angolo acuto come il resto della facciata lascerebbe ad intendere. Lo stile gotico in Sardegna risente dell'influsso catalano, ragione per cui gli archi dei portali delle Chiese dello stesso periodo hanno tutte l'arco acuto. Si ricordano, ad esempio, la Chiesa Parrocchiale di Assemini o il portale della Chiesa di Bonaria (1324-1326). Per trovare altri esempi di lunette circolari dobbiamo andare a Uta nella Chiesa di Santa Maria oppure a Dolianova nella Chiesa di San Pantaleo o a Sestu nella Chiesa di San Gimiliano.

Queste considerazioni sul portale consentono di ipotizzare che la Chiesa possa esser stata edificata in tempi antecedenti rispetto alle Chiese sopra nominate, oppure che essa sia stata edificata da piccole maestranze che anziché seguire i criteri e gli stili ben consolidati si affidavano ad una imitazione di diversi stili osservati in edifici nelle vicinanze. Non mancano ipotesi riguardanti una antica appartenenza della Chiesa di San Simone all’Ordine Templare, ma mancano riscontri documentali idonei ad avvalorare questa tesi.

E’ presente un piccolo campanile a vela la cui campana, originaria dell’India sud-orientale, reca una scritta in lingua Tamil. La campana originale venne portata via (insieme alla serratura e al paliotto dell’altare) come ricordo dal Marchese Amat al momento della vendita dell’isola al Cav. Balletto, per essere poi versata e fusa per la Patria durante la Seconda Guerra Mondiale. Il paliotto, raffigurante le insegne araldiche della famiglia, è oggi custodito all’interno della Chiesa.

 

Paliotto

 

La Chiesa e l’antica fattoria che la circonda sono tutt’oggi di proprietà privata. 
Il primo impianto della fattoria risale al periodo del Sabater, facoltoso notaio cagliaritano che la edificò (1567). Dopo vari passaggi ereditari, nel 1716 essa passò in mano di Michele Cervellon, che ampliò l’estensione dei fabbricati e costruì il secondo piano. La magione raggiunse la sua dimensione definitiva ai primi del 1800 quando divenne proprietario il barone di Sorso Vincenzo Amat. 
Ai primi del ‘900 la proprietà fu acquistata dall’industriale Giovanni Balletto il quale fece realizzare dal pittore cagliaritano Felice Melis Marini l’affresco nella lunetta del portale della chiesa raffigurante San Simone benedicente (1919).

Lunetta

In onore di San Simone ogni anno il 28 ottobre i pescatori dello stagno organizzano una processione nelle imbarcazioni tipiche, dette cius.

Interno
L'insieme della Chiesa non è cosi semplice come appare a prima vista infatti vi sono due distinti spazi di diversa grandezza e separati da un diaframma.
La prima zona e quella dell'abside e risulta quadrata, la seconda di dimensione pressoché doppia e la zona riservata ai fedeli. Nel diaframma si apre l'apertura ad arco molto ampia e slanciata.
La volta è una volta a botte con lunettoni e si conclude con elementi di testata a forma di unghia.
La muratura del diaframma è ornata da colonnine angolari che poggiano su un basamento poligonale e sono munite di motivi plastici a modo di capitello. La fattezza di queste colonnine fa pensare che siano state costruite insieme alle restanti strutture della volta e si ispirano ad un tardo stile gotico.
Il Canonico Spano, che visitò l'isola il 6 aprile 1859, nella sua guida descrive l'esistenza di un grande dipinto raffigurante la Vergine che allatta il bambino al lato sinistro vi era Sant'Antonio in mezzo vi era San Simone e sull'altro lato vi erano San Giovanni Battista e San Pietro. Questo quadro viene descritto un po' smangiato dai topi nella parte inferiore e malamente restaurato. Di questo quadro sono state perse le tracce.

Gli arredi della Chiesa vengono descritti dal Sabater in un inventario risalente al 1583. Erano conservati e custoditi in una stanza della casa all'interno di una cassa in noce chiusa a chiave. Essa conteneva: un calice in argento dorato, con la sua patena in una teca di legno rivestita di pelle nera; due copricalice, uno di stoffa ed uno di tela; l'ara (pietra santa), una borsa di damasco bianco guarnito di seta leggera e oro contenete corporali, un sacchetto col cordone, una stola, il manipolo, un contenitore per le ostie, un messale usato. Nella chiesa si trovava poi una tovaglia per altare ricamata in azzurro, un paliotto in oripelle con l'immagine di Sant' Onofrio, due candelabri in legno, il retablo di San Simone, una regola per la campana nel campanile, una campana di misura media nella piazza una vasca di marmo con bassorilievi (forse un'acquasantiera).
Un altro inventario meno ricco è quello del 1716 in questo a parte un corredo sacerdotale vi sono solo pochi arredi per l'altare e soprattutto non compaiono più i candelabri, l'acquasantiera, il paliotto con Sant' Onofrio, il retablo di San Simone.
Si ipotizza che il retablo di San Simone sia stato sostituito da un quadro più modesto che risulta da un inventario del 1734 e che viene ricordato anche successivamente in altro inventario 1827, in quest'ultimo inventario viene anche riportata un grande conchiglia di marmo che verosimilmente è quella attualmente presente.

 

Immagini

 

La chiesa - immagini

 

La chiesa - immagini

 


Il Paliotto

Il paliotto


Paliotto ligneo XVIII Sec.
raffigurante stemmi famiglia Amat

Il Marchese Giovanni Amat Manca (1754 - 1818) sposò nel 1789 Donna Eusebia Amat Vico, riunendo nei figli i rami Amat si San Filippo ed Amat di Sorso.
Il paliotto fu fatto realizzare dal figlio primogenito Vincenzo (1790 - 1869) Marchese di San Filippo e Barone di Sorso.

 

 

Lunetta

La lunetta


 La lunetta

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